Per tremore s’intende la presenza di oscillazioni involontarie regolari, di ampiezza e frequenza variabili, che possono interessare le mani, gli arti, la testa o la voce. Ne parliamo con il Dott. Roberto Sterzi, specialista neurologo del Centro Medico Visconti di Modrone. Molti di noi sperimentano tremori temporanei come reazione normale alla paura, alla rabbia, alle emozioni intense, al freddo, alla febbre o semplicemente alla stanchezza.  Anche un eccesso di caffeina o di nicotina (in forti fumatori) può causare un tremore, come pure la sospensione brusca di una sostanza che crea dipendenza (potenti antidolorifici o alcool).

Oppure il tremore può essere l’effetto collaterale di farmaci comunemente prescritti quali ad esempio, gli antidepressivi come gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), i triciclici e il litio; i farmaci per l’asma, quali terbutalina e teofillina; e i cortisonici, come il prednisone. In questi casi, può essere sufficiente ridurre la dose di questi medicinali, o sospenderli,  per attenuare o far scomparire il tremore.
Altra possibile causa di tremore è l’ipertiroidismo (quando la tiroide, a causa di una malattia, funziona in eccesso). In questo caso, oltre al tremore sono presenti anche altri sintomi, come l’aumento della frequenza cardiaca, anche a riposo, la tendenza ad avere diarrea, il nervosismo e, talora, gli occhi divengono sporgenti. Mediante degli esami del sangue appropriati si può confermare la diagnosi.
Due altri tipi di tremore, relativamente comuni, sono il Tremore Essenziale (TE) e il Morbo di Parkinson (MP). Nelle persone anziane, ma anche in quelle giovani, quando compare il tremore la preoccupazione maggiore è di essere affetti da morbo di Parkinson, ma, in realtà, il tremore essenziale è molto più comune.
Tuttavia non è particolarmente  difficile capire la differenza. Il Tremore Essenziale compare anche nelle persone giovani (mentre nel  MP, almeno in quello non familiare, l’età di comparsa è più avanzata); è sin dall’inizio bilaterale (mentre nel MP è colpito all’esordio della malattia  un solo lato); è più evidente quando una persona è in azione e si riduce o scompare con il riposo. Nel TE il tremore può comparire quando si compiono azioni comuni nella pratica quotidiana, come scrivere un biglietto o versare acqua in un bicchiere. Paradossalmente il TE si riduce con l’assunzione di piccole quantità di alcool (che ovviamente non può essere considerato come la cura).  Al  contrario, nel MP, i tremori sono presenti a riposo, per esempio quando una persona è seduta con le mani in grembo inizia a tremare e sembra che stia arrotolando pillole o contando monete. Ma quando si allunga per afferrare o tenere qualcosa, il tremore si riduce o si ferma.
Inoltre nel TE non compaiono altri disturbi neurologici, mentre nel Morbo di Parkinson  vi sono altri importanti sintomi che sono invece assenti nel TE, soprattutto la rigidità degli arti  e la lentezza e la povertà dei movimenti (bradicinesia, ipocinesia). Se, ad esempio, in una persona colpita da MP si tenta di flettere e poi estendere passivamente la mano sul polso si incontra una certa resistenza, pari a quella di un tubo di plastica dura. I movimenti divengono lenti, la scrittura diviene minuta e tremolante (micrografia) e anche la deambulazione diventa più impacciata (“a piccoli passi”) e perde le oscillazioni naturali delle braccia. Inoltre, nelle persone con Parkinson si modifica la normale espressione facciale, che perde la capacità mimica,  e sembra che queste persone non riescano a sorridere. Spesso lamentano anche una certa perdita dell’olfatto, un’abbondante salivazione e una maggiore tendenza alla stipsi rispetto al solito.
Vi sono poi altre cause, per fortuna, assai più rare di tremore legate a malattie neurologiche. Il neurologo è lo specialista di riferimento. Dopo una raccolta accurata della storia clinica, una visita neurologica e con il supporto di alcuni esami diagnostici è possibile giungere ad una diagnosi e prescrivere un’adeguata terapia che permette, nella maggior parte dei casi, un deciso miglioramento del quadro clinico.